Emanuela Ulivi 

Non si placano le polemiche dopo che mercoledì scorso il parlamento ha votato a larga maggioranza un’ulteriore estensione del proprio mandato fino al 2017, per evitare un vuoto di potere in un momento così delicato. 31 deputati hanno boicottato la seduta, 95 hanno votato a favore dell’estensione, due i contrari, mentre fuori dal palazzo gruppi di cittadini dimostravano contro quella che hanno definito un’occupazione del parlamento e non un’estensione. 

Ai nove dei 24 ministri che hanno fatto sapere che non firmeranno il testo del disegno di legge che prolunga l’incarico dei parlamentari, il presidente del parlamento Nabih Berri ha risposto oggi che la legge entrerà in vigore ugualmente con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, mentre il patriarca maronita Bechara Rai, appena di ritorno da una visita pastorale in Australia, ha criticato la decisione dei deputati, accusandoli di distruggere il Paese e di pensare solo alla loro poltrona, contro la volontà del popolo e la costituzione. Rai si è anche rivolto a coloro che hanno votato contro, dicendo che dovrebbero dimostrare il loro dissenso rassegnando le dimissioni dal parlamento.

E’ la seconda volta che i deputati eletti nel 2009,  per legge in carica quattro anni, prendono una decisione del genere, avendo già prolungato il loro mandato nel 2013 per 17 mesi. Questa volta si sono però impegnati a indire nuove elezioni non appena venga eletto il nuovo presidente della repubblica. Nel qual caso la loro permanenza sarà più breve e lasceranno prima del 20 giugno 2017. 

Finora però i cristiani, che grazie al Patto Nazionale esprimono il capo dello stato, non sono riusciti ad accordarsi sulle candidature per sostituire Michel Suleiman, che ha terminato il suo incarico alla fine di maggio.

Berri, difendendo l’estensione del mandato del parlamento in ragione della situazione ad alta tensione in cui si trova attualmente il Libano per le ripercussioni della guerra in Siria, che non permette una consultazione elettorale, ha assicurato che il primo impegno del parlamento sarà la nuova legge elettorale, rispettosa degli Accordi di Taef.

Si fa sempre più complessa intanto la trattativa per liberare i 27 prigionieri, tra soldati e appartenenti alle forze di sicurezza, sequestrati dal Fronte al Nustra il 2 agosto scorso negli scontri a Ersal, al confine con la Siria, e proseguono i raid e gli arresti da parte dell’esercito in tutto il Paese alla ricerca di cellule terroristiche e di armi.

7 novembre 2014

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