Emanuela Ulivi 

Dopo gli Stati Uniti e la Francia, anche l’Unione Europea ha criticato l’approvazione da parte di Israele del piano per la costruzione di 2.610 case a Gerusalemme Est, la parte della città che i palestinesi vorrebbero come capitale del loro stato futuro a fianco di Israele, definendo l’iniziativa estremamente dannosa per una prospettiva di pace. Il piano prevede nuovi insediamenti nel quartiere di Givat Hamatos e un’ulteriore espansione in quello di Silwan.

La decisione, prosegue la nota del portavoce di Bruxelles, mette in discussione l’impegno di Israele per un accordo negoziato di pace coi palestinesi, sottolineando che l’impegno delle parti per una soluzione negoziata sarà credibile solo se queste si astengono da iniziative unilaterali che alterano di fatto la situazione mettendo a rischio la possibilità della soluzione di due stati. L’Ue chiede quindi a Israele non solo di fare marcia indietro sul piano approvato ma anche di porre fine alla politica degli insediamenti a Gerusalemme Est e in Cisgiordania, aggiungendo che non riconoscerà alcuna variazione rispetto ai confini preesistenti al 1967 se non quelle concordate tra le parti, e che le relazioni tra l’Ue e Israele dipenderanno d’ora in poi dall’impegno di quest’ultimo per una pace duratura basata sulla soluzione dei due stati.

La dichiarazione dell’Ue di ieri segue l’incontro di mercoledì scorso tra il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente Obama, al termine del quale l’amministrazione americana ha criticato e messo in guardia Israele su un piano di insediamenti a Gerusalemme Est che allontanerebbe perfino i suoi alleati più stretti. Il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest ha poi aggiunto che questa iniziativa attirerà solo la condanna della comunità internazionale e metterebbe in discussione l’impegno reale di Israele per un accordo negoziato di pace coi palestinesi. Critiche che il premier Netanyahu ha respinto ricordando che il piano era in programma da due anni e che le persone debbono disporre di tutte le informazioni prima di fare tali affermazioni.

Solo pochi giorni fa il presidente palestinese Mahmud Abbas aveva chiesto all’Assemblea Generale dell’Onu una risoluzione che fissi una scadenza chiara al ritiro di Israele dai territori occupati. Sarebbe già pronta una bozza di risoluzione da sottoporre al Consiglio di Sicurezza preparata dai palestinesi, in cui si parla di novembre 2016 per il ritiro dai territori e da Gerusalemme Est.

3 ottobre 2014

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