Jacopo Salvadori 

Non toccheranno cibo, non usciranno durante l'ora d'aria, non riceveranno visite e si rifiuteranno di comparire in tribunale: oltre 23mila prigionieri cominceranno oggi un sit-in contro le torture nelle prigioni egiziane. I Fratelli Musulmani, messi al bando lo scorso dicembre dal governo militare, tornano all’attacco annunciando sul loro sito web una protesta nelle carceri che durerà una settimana, contro le condanne di 1212 prigionieri politici pronunciate dal tribunale di Minya il 24 marzo e il 28 aprile scorsi. 

Per i giudici sono tutti colpevoli di appartenere alla confraternita dei Fratelli Musulmani e di essere sostenitori di Mohammed Morsi, il presidente egiziano deposto l'anno scorso a furor di popolo. Ma anche e soprattutto di essere direttamente coinvolti nelle violenze del 14 agosto 2013 in cui hanno perso la vita 600 persone. Tra i prigionieri c’è persino Mohamed Badie, la guida suprema dei Fratelli Musulmani, condannato a morte insieme ad altri 719 membri della formazione islamista.

La maxi protesta inizia giusto a pochi giorni dalla chiusura dei seggi per l’elezione del nuovo presidente. 

Secondo i primi dati , com’era previsto, il vincitore sarebbe il generale al-Sisi, ex ministro della Difesa di quel governo militare che lo scorso dicembre ha messo al bando i Fratelli Musulmani.

Insieme ai detenuti sciopereranno anche i familiari, ha fatto sapere oggi l’ “Alleanza dei centri dei diritti dell'uomo”. I Fratelli Musulmani hanno annunciato anche la formazione di squadre mediche che controlleranno periodicamente lo stato di salute dei detenuti nelle 114 carceri che aderiranno allo sciopero, pronti ad intervenire in caso di necessità.

30 maggio 2014

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