Jacopo Salvadori 

Cresce di giorno in giorno il numero dei morti nell’attentato di  domenica scorsa alla base militare alle porte di Zinjibar: si parla gia’ di 185 morti, 50 feriti oltre ai 77 soldati catturati. Il consenso plebiscitario del nuovo presidente Abd Rabbuh Mansour al-Hadi, 66 anni, già vice presidente dal 1994, scelto sia dalla maggioranza che dall'opposizione alla guida del Paese fino alle prossime elezioni, non ha riportato la calma nello Yemen dopo la rivolta che ha costretto il presidente Saleh a lasciare la presidenza dopo trentatre' anni. La continuità con le politiche anti-terrorismo di Saleh ha fatto scatenare fin dal suo insediamento episodi di violenza. E il terrorismo ha alzato il tiro, in particolare ad opera di gruppi legati ad Al Qaeda come i miliziani appartenenti ad Ansar al-Sharia, organizzazione operativa nella Penisola Arabica, che hanno attaccato la base militare e che già dallo scorso maggio hanno preso il controllo della città, approfittando della rivolta contro Saleh. Massacro festeggiato per tutta la notte nelle strade della vicina citta’ di Jaar, loro roccaforte, dove si è svolta una vera e propria parata, con le armi sottratte all’esercito mostrate in segno di sfida. Episodio condannato con fermezza dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che ha reiterato il suo impegno a combattere il terrorismo.

Un attentato suicida fuori dal palazzo presidenziale di Hadramawt, nel Sud-Est dello Yemen, in cui sono morti 26 soldati, ha salutato il giuramento del neopresidente al-Hadi, seguito qualche giorno dopo da un attentato simile in cui è rimasto ucciso un militare. Anche Abdullah Idris, capo del partito di maggioranza, il General People's Congress, di Saleh, è rimasto gravemente ferito nell'esplosione della sua auto a Rada, a Sud-Est di Sanaa.

Episodi che vanno oltre lo scontento per l’elezione di al-Hadi, peraltro candidato unico alle elezioni del febbraio scorso, manifestato da esponenti dell’opposizione che non vedono in questa presidenza un segno di discontinuità con il vecchio regime, mentre sono in molti a credere che l'ex presidente possa tornare a riconquistare il potere, viste le sue dichiarazioni di non voler lasciare la politica. Numerosi anche gli elettori che hanno boicottato i seggi, in particolar modo nelle regioni del Nord controllate dai ribelli Houti, e in alcune zone del Sud dove operano gli estremisti islamici e militanti di Al Qaeda.

Già Saleh, l'ex presidente, aveva dettato la linea dura contro il terrorismo e l’estremismo, sostenuto dagli Stati Uniti che dal 2006 hanno fornito aiuti per un ammontare di 250 milioni di dollari. Da tempo le province meridionali dello Yemen sono sotto il controllo, diretto o indiretto, dell'organizzazione oggi guidata da al- Zawahiri che qui ha costruito veri e propri campi di addestramento analoghi a quelli impiantati nelle zone tribali del Pakistan. Una presenza che si è avvantaggiata degli scontri della rivolta contro il regime durati a lungo e, nei giorni scorsi, si e’ spinta fino a dichiarare la provincia di Shabwa un Emirato Islamico. 

Quello di domenica scorsa segue l’attentato suicida, ventiquattro ore prima, nella citta’ al-Mukala, capoluogo della provincia di Hadramout, ad una settimana da un altro attentato rivendicato da Al Qaeda che ha fatto 26 morti. Una strategia che alimenta i timori della comunita’ internazionale sul futuro del Paese e della regione, ma cui il presidente al-Hadi non intende cedere promettendo «di combattere il terrorismo con tutte le forze – ha dichiarato al termine di un incontro con il sottosegretario britannico per il Medio Oriente e il Nord Africa, Alistyair Burt - e di dargli la caccia fino al suo ultimo nascondiglio, costi quello che costi».

13 marzo 2012

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