Giulia Brugnolini 

È fallita, almeno per ora, l’iniziativa delle monarchie del Golfo impegnate dall’inizio della rivolta in un’opera di mediazione tra le forze di opposizione e il presidente yemenita Alì Abdallah Saleh che domenica scorsa si e’ rifiutato di firmare l’accordo di transizione gia’ sottoscritto dall’opposizione.

L’accordo presentato dal Consiglio di Cooperazione del Golfo gia’ all’inizio di aprile, prevedeva una graduale uscita di scena di Saleh –alla guida del Paese dal 1978- e successive elezioni. Per ben due volte l’accordo è stato sul punto di essere controfirmato  del presidente yemenita che ha puntualmente giocato al rilancio condizionando la sua firma ad una definitiva cessazione delle proteste nel Nord sciita e alla soluzione della crisi secessionista al Sud, pur avendo il CCG già concordato su alcune richieste quali l’immunità per lo stesso Saleh e la sua famiglia, sollevando peraltro le perplessità dell’opposizione.
 
I dubbi sulle reali intenzioni del presidente Saleh di dimettersi sono stati fugati dal suo ennesimo bluff quando, al momento della firma dell’accordo presso l’ambasciata degli Emirati Arabi, si è rifiutato di sottoscriverlo accusando direttamente i rappresentanti diplomatici degli Emirati di non essersi recati, come lui aveva chiesto, nel palazzo presidenziale, quasi non volessero riconoscere la sua autorevolezza di presidente. Saleh e’ arrivato persino a minacciare la guerra civile, dicendo con chiarezza di non voler uscire di scena.  D’improvviso la situazione e’ precipitata: i rappresentanti del CCG  e l’ambasciatore degli Stati Uniti Gerald Michael Feierstein arrivati a Sanaa per presenziare alla firma dell’accordo, si sono visti accerchiati nell’ambasciata degli Emirati Arabi dalle forze filogovernative e sono stati  costretti ad allontanarsi a bordo di un elicottero.
 
L’opposizione non si e’ lasciata scoraggiare. “Abdellatif Zayani, il mediatore del CCG, ha fallito la sua missione" , ha dichiarato Soltane Atwani a nome della coalizione parlamentare “Forum comune” che ha annunciato un’escalation della protesta pur conservando -ha precisato il presidente del Forum Yassine Saïd Nooman- il suo carattere pacifico.
 
Ciononostante continuano gli scontri sanguinosi. Oggi nella capitale sono morte trentotto persone nei combattimenti tra le forze fedeli al regime e gli uomini della tribù Hachar.  E si indurisce la posizione del presidente Saleh il cui atteggiamento e’ stato criticato da piu’ parti e che all’invito del presidente Obama di onorare gli impegni e lasciare il potere, ha risposto  seccamente: “Non prendo ordini dagli stranieri”. Di fronte alla prospettiva della guerra civile, il CCG ha deciso di sospendere la sua iniziativa.  Invece i giovani rimarranno accampati nella “Piazza del Cambiamento”, decisi a non porgere il fianco alla violenza e a non mollare.

26 Maggio 2011

Vai all'inizio della pagina