Giulia Brugnolini 

L’Arabia Saudita è entrata, non senza suscitare polemiche, tra i 41 Paesi che il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite ha eletto membri del consiglio  d’amministrazione di Un Women. Nel nuovo organismo dell'Onu per l’uguaglianza di genere e per la valorizzazione del ruolo femminile si fondono quattro organismi istituiti nel corso del tempo dalle Nazioni Unite: lo UN Development Fund for Women, la Division for the Advancement of Women, l’International Research and Training Institute for the Advancement of Women e l’Office of the Special Adviser to UN Secretary-General on Gender Issues and Advancement of Women. L’Arabia Saudita ha ottenuto un seggio in qualità di stato contributore a scadenza di tre anni come Messico, Norvegia, Spagna, Stati Uniti e Regno Unito, assieme ai 10 stati in rappresentanza dell’Africa, ai 10 dell’Asia, 4 dell’Europa dell’Est, 6 dall’America Latina, 5 dall’Europa occidentale a scadenza di due o tre anni. Per il gruppo asiatico si era candidato l’Iran, scartato dopo aver ottenuto 9 voti meno dei 28 necessari.

Contro le candidature di Arabia Saudita e Repubblica Islamica si erano mobilitate le maggiori organizzazioni femministe internazionali  al cui coro si è unita la voce autorevole di Shirin Ebadi, avvocato iraniano, dal 2003 prima donna musulmana a ricevere il premio nobel per la pace, e attualmente docente presso l’università di Teheran. Sul via libera all’Arabia Saudita, già noto nei giorni precedenti all’elezione, aveva commentato che l’ingresso in Un Women di un Paese in cui le donne hanno il divieto di guidare l’auto sottraeva credibilità all’organo stesso.

In risposta l’ambasciatrice americana all’Onu Susan Rice ha poi affermato che l’agenzia nasce per raggiungere un obiettivo di perfezionamento condiviso tra Stati diversi e perciò non è necessario che i Paesi membri vantino  “record stellari per quanto riguarda i diritti delle donne”, glissando le accuse che vedono l’Arabia favorita in quanto alleata degli Usa in Medio Oriente e importante finanziatrice dell’Un Women. 

Tuttavia, nonostante le saudite siano ancora costrette a convivere con limitazioni che la società ultraconservatrice impone loro come il sistema della tutela –per cui nessuna donna può viaggiare e prima del 2008 neanche lavorare senza il permesso del proprio tutore- qualcosa si sta smuovendo in quello che è uno dei Paesi più ricchi e tecnologicamente avanzati del Medio Oriente. La condotta relativamente liberale del re Abdallah ha aperto spazio di iniziativa per campagne di livello nazionale come quella in corso, a favore della partecipazione delle donne alle elezioni municipali nel prossimo autunno 2011. Fra i progressi accolti con speranza  dalle associazioni non governative per i diritti umani ma soprattutto dalle donne di classe media - che ormai in percentuale si laureano più degli uomini - occorre ricordare la nomina della prima donna parlamentare, Nora Al Faiz, al ministero dell’istruzione e l’elezione di Lama Alsulaiman al Consiglio dei direttori della Camera di Commercio e dell’Industria di Gedda. 

Ma le donne saudite si raccontano anche tramite il web nei sempre più seguiti blog, piccole finestre sull’attualità. A proposito di tale questione, infatti, il SaudiWoman Weblog esprime il proprio rammarico per la reazione critica della stampa e della stessa Shirin Ebadi che ha definito l’elezione dell’Arabia Saudita una “beffa”. “Se includere il nostro Paese significa che esso ha sradicato discriminazioni, abusi e disuguaglianze allora certamente non occorre il parere di un esperto per considerarlo assurdo. Tuttavia, se includerlo implica che l’Arabia Saudita opererà per raggiungere questo obiettivo allora le donne saudite hanno bisogno di questo aiuto”. 

Finché le attiviste manifesteranno le proprie istanze di cambiamento e figure di spicco internazionale come Yakin Ertürk, Special Rapporteur sulla violenza contro le donne per il Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU faranno sentire la loro voce, la presenza di Riyad al Palazzo di Vetro potrebbe rappresentare un valido passo avanti per rendere operative nelle istituzioni le richieste attualmente vive nella popolazione. 

06 Maggio 2011

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