Alessandro Vanni 

Nessun broglio - Per la massima autorità giuridica iraniana non c’è stato alcun broglio nelle recenti elezioni presidenziali tenute in Iran, che hanno visto rieleggere il presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad dando vita a proteste di piazza sfociate nel sangue. Il Consiglio dei Guardiani, quindi, non intende ascoltare l’accusa rivolta dal candidato riformista Mir Hossein Moussavi di gravi irregolarità nel voto, che gli avrebbero impedito di guidare il Paese e portarlo fuori dalla crisi economica e verso relazioni più pacifiche con l’Occidente. E intanto in numerosi Paesi del mondo si moltiplicano le manifestazioni davanti alle Ambasciate iraniane organizzate dagli esuli o da cittadini che intendono protestare contro la repressione in atto a Teheran nei confronti dei giovani che chiedono di andare a nuove elezioni. Ad oggi, secondo i dati ufficiali, sono già venti le persone uccise durante gli scontri di piazza, ma da più parti si levano voci di oltre cento, addirittura centocinquanta, manifestanti uccisi. 

L’informazione – Del resto è molto difficile poter accertarsi del numero esatto di morti e feriti, visto il controllo strettissimo sui mezzi di informazione da parte del Consiglio dei Guardiani. La televisione di Stato è l’unica autorizzata a filmare nelle strade, mentre gli operatori internazionali sono fortemente limitati, e addirittura, in alcuni casi, espulsi dal Paese, come il corrispondente della Bbc, accusato di aver sostenuto i ribelli. Press Tv, la tv di Stato, riporta che negli scontri sono morti anche otto Basiji, le forze paramilitari ausiliare del regime, colpiti con armi da fuoco, a dimostrazione della presenza di persone armate “fomentatrici dei disordini”.
Ma i giovani, dotati di telefonini, telecamere amatoriali, e poi di blog, siti internet e social network, riescono a far trapelare immagini e notizie, squarciando il velo di silenzio creato dalle autorità intorno alle proteste. Così il video della giovane Neda, morta sotto gli occhi del padre, o dell’altro manifestante picchiato a lungo con un bastone e rinchiuso nel portabagagli di una macchina della polizia, hanno fatto rapidamente il giro del mondo, scatenando dure reazioni ovunque. L'Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza dell’Unione europea Javier Solana ha espresso la sua preoccupazione per la perdita della libertà di stampa e per le violenze di cui sono vittime i manifestanti.

Accuse internazionali - Dal canto suo Ahmadinejad accusa un po’ tutti i Paesi occidentali, proseguendo sulla linea della ferma condanna all’interferenza straniera negli affari interni dell’Iran. Dopo il voto e l’inizio delle proteste aveva attaccato Londra per aver pianificato un complotto contro il voto di giugno, accuse riprese dalla suprema guida Khamenei durante un sermone. La Gran Bretagna ha richiamato in patria le famiglie del personale diplomatico e sconsigliato i viaggi in Iran, dopo che Teheran aveva dichiarato “non graditi” due diplomatici inglesi. Tensione aumentata ancor più dopo l’arresto avvenuto ieri di otto dipendenti dell’Ambasciata inglese a Teheran.
Negli ultimi giorni Ahmadinejad ha poi accusato il Presidente americano Barack Obama di “ingerenza”, e di essere “uguale a Bush. In particolare il leader di Teheran ha detto che Obama era cascato nella “trappola” dell’Europa, desiderosa di aumentare il livello di ostilità e di condanna verso l’Iran dopo le elezioni del 12 giugno. Immediate le proteste di Washington, che ha respinto le accuse al mittente; il portavoce Gibbs ha affermato che Ahmadinejad è desideroso soltanto di porre gli Stati Uniti “al centro della crisi politica interna”.
Non sono mancate le accuse all’Italia. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano Qashqavi ha incolpato la presidenza italiana durante il G8 di Trieste per non aver rispettato l’impegno di pianificare incontri di esperti per garantire il successo della riunione, e pertanto l’Iran ha rifiutato l’invito del Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini di partecipare al G8 di Trieste sull’Afghanistan. Tutta l’Europa è in allarme: il Ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner ha chiesto ai colleghi l’adozione di un testo ben fermo contro Teheran, anche se alla fine ne è stato adottato uno molto edulcorato nel quale ci si è limitati a invitare l’Iran al “rispetto dei diritti fondamentali, tra cui la libertà di espressione”, al contempo deplorando “la violenza post-elettorale”. Il Parlamento di Madrid ha inviato un messaggio alle autorità iraniane affinchè sia interrotta la repressione contro la popolazione civile, e l’Unione Europea ha invitato i suoi membri a convocare gli ambasciatori iraniani per esprimere "la loro avversione alle violenze post elettorali".

Teheran – Dalla capitale Moussavi fa sapere che la repressione in corso non fermerà le proteste, che andranno avanti fino al riconoscimento dei brogli e a nuove elezioni, dicendosi pronto anche al martirio per la giusta causa del popolo iraniano. L’altro candidato riformista, Karrubi, ha sfidato apertamente Ahmadinejad invitandolo a presentarsi in una piazza della città mentre lui e Moussavi si sarebbero recati in un’altra per verificare chi avesse il maggior supporto di sostenitori. Il riconteggio del 10% dei voti in corso di svolgimento ovviamente non può bastare ai due oppositori, che chiedono a gran voce nuove elezioni. Varie proteste si stanno susseguendo. Venerdì quella simbolica con il lancio di palloncini verdi, per la quale l’appello è rimbalzato velocemente sulla rete tra i giovani – oltre il 70% della popolazione iraniana ha meno di 30 anni – e poi anche all’estero, con gli sms, che in Iran non funzionano più, fin da qualche giorno prima delle elezioni. I vari blog, molto utilizzati, riportano anche appelli disperati di contestatori che temono di essere arrestati e torturati, e l’assenza per più di qualche ora dal firmare i propri messaggi in rete è visto dagli altri internauti come il segnale di un possibile arresto. Numerosi arresti ci sono stati anche durante i funerali di Neda Agha Soltan, la ventisettenne presente tra i manifestanti scesi in piazza per reclamare il diritto di conoscere quale fine avesse fatto il proprio voto, e uccisa domenica, colpita da un proiettile sparato tra la folla, e diventata uno dei simboli della rivolta di piazza. La manifestazione era stata vietata, ma sono stati in tantissimi a radunarsi, prima di essere dispersi dalla polizia. Tra i fermati “illustri” anche Faezeh Hashemi, figlia dell’ex presidente iraniano Hashemi Rafsanjani, rilasciata poco dopo dalle autorità, mentre è ancora nelle mani della polizia, e non se ne ha notizia dal momento del suo arresto, di Maziar Bahari, corrispondente da Teheran del Newsweek International.

Gli scenari –  Dubbi permangono sul ventilato piano da parte dell’emittente araba Al-Arabiya di sostituire l'Ayatollah Ali Khamenei, Guida Suprema dell'Iran, che starebbe circolando tra gli ambienti religiosi di Qom e i membri dell'Assemblea degli Esperti, l'unico organo della Repubblica Islamica che ha il potere di destituirlo dall’incarico, guidato da Hashemi Rafsanjani. L’arresto della figlia e il divieto di lasciare l’Iran per gli altri parenti di Rafsanjani avrebbero accentuato i contrasti con la guida suprema, e avrebbero spinto l’ex presidente a proporre ai membri dell’Assemblea l'istituzione di un nuovo organo politico, ben diverso da quello deciso da Khomeini. Sembra che Rafsanjani, dopo aver contattato Khatami, abbia ottenuto il consenso di una cinquantina di ayatollah, compreso Montazeri, grande oppositore di Khamenei, agli arresti domiciliari e messo ai margini dalla guida suprema. Nell’appello contro Khamenei lo si accusa di aver messo in discussione i principi fondamentali della Repubblica. L’ayatollah non può più annullare le elezioni, poiché rinnegherebbe il suo appoggio a Ahmadinejad, entrando in contrasto con i pasdaran, l’influente polizia e i basiji, le forze ausiliarie, in un dietrofront che avrebbe del clamoroso. Tuttavia, insistendo nel sostegno al suo candidato sta verificando con mano l’enorme senso di frustrazione di gran parte della popolazione, decisa a rivendicare i propri diritti e a chiedere maggiori libertà, mentre ci sono anche voci non confermate di arresti di stessi generali dei pasdaran che si sarebbero rifiutati di reprimere i manifestanti. Sullo sfondo c’è anche la grande incognita dell’esercito, fino a questo momento fermo nelle caserme ma sempre vigile sui possibili sviluppi.

29 giugno 2009

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