Jacopo Salvadori 

Fine del matrimonio riparatore: sposare la propria vittima non eviterà la galera ai violentatori che fino a ieri disponevano di una “scappatoia” legale. Il Parlamento ha infatti abolito l’articolo del codice penale - il 475- che lo permetteva. Ora per lo stupratore la pena sarà da uno a cinque anni di reclusione. 

La decisione è arrivata dopo che a marzo dell’anno scorso una ragazza di sedici anni, Amina el Falili, si è suicidata dopo sette mesi di convivenza con il proprio violentatore, un gesto che ha smosso le coscienze e che ha segnato un punto di non ritorno. Anche Amnesty International per bocca di Hassiba Sahraoui, vice direttore per il Medio Oriente e il Nord Africa, si è dichiarata soddisfatta della scelta di Rabat, sollecitando il governo a proseguire sulla strada dei diritti umani perché il Paese “ha ancora bisogno di una strategia globale per proteggere le donne dalla violenza”.

Fatima Maghnaoui, personaggio pubblico e responsabile di Ennaja, l’organizzazione non governativa che in Marocco tutela le vittime della violenza, chiede però “una revisione complessiva del codice penale sulle donne”, visto che stando ai dati, nel 2012 sei milioni di donne su 34 milioni di abitanti sono state vittime di violenza, la metà delle quali è stata consumata all'interno della famiglia.

Nonostante risalga solo a dieci anni fa, il codice familiare marocchino - un corpus legislativo piuttosto innovativo per il mondo arabo, che regolamenta anche alcuni aspetti della vita coniugale come il divorzio, la fedeltà coniugale, l’età minima per il matrimonio e la restrizione della poligamia - appare già vecchio e superato. Anche se è stata introdotta nella Costituzione del 2011, la perfetta parità dei sessi non è riconosciuta nel Codice familiare, mentre altri punti cardine come l’età minima per il matrimonio fissata a 18 anni e la poligamia sono ancora oggetto di dibattito politico, alimentato principalmente dall’Unione Socialista delle Forze Popolari e dalle associazioni femministe del Paese.

In particolare Atefa Tinjerdine, presidente dell’Associazione Democratica delle Donne Marocchine, si è schierata duramente contro la pratica della poligamia, oggi possibile soltanto se si ottiene un’autorizzazione del giudice e il consenso scritto della prima moglie. “Molti uomini – afferma - ricorrono a metodi fraudolenti pur di prendere una seconda moglie. Sarebbe il caso quindi di abolire la poligamia tout court”. 

Un'altra questione riguarda l’età minima per il matrimonio, che il Codice ha innalzato da 15 a 18 anni. Driss Lachgar, leader dell' Usfp, ha spiegato che oggi “l’85% delle richieste di matrimoni under 18 viene accolto e che questi rappresentano il 12% del totale delle unioni celebrate ogni anno”. Lo scorso dicembre, in occasione del 7° Congresso delle donne dell’Usfp, Lachgar ha chiesto di trasformare la pratica in reato e, nell’occasione, ha aperto un dibattito sulla legalizzazione dell’aborto, attualmente punito dalla legge con una pena da uno a cinque anni di reclusione, per contrastare la pratica illegale delle cliniche clandestine, largamente diffusa in tutto Paese, in cui trenta donne ogni ora ricorrerebbero all’interruzione di gravidanza.

23 gennaio 2014

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