Donatella Mercanti 

Un giardino di limoni, una vecchia porta bianca decorata di azzurro che si  apre sul Bagh, il frutteto-orto afghano, scrigno di albicocchi, melograni, viti, mandorli, pistacchi e altri frutti pregiati, un ricordo da Mille e Una Notte. 

Quasem Ebne Yousof Abunasre Herawi, nella sua Guida all’agricoltura del XIV  secolo, cita oltre cento tipi di vite e di uva soltanto per la zona di Herat. 

L’Afghanistan ha ereditato un ricco patrimonio di varietà di fruttiferi, tra cui ancora, meli, gelsi, fichi, peschi, kaki, considerato molto importante fin dai tempi remoti. I conflitti degli ultimi trenta anni nel territorio afghano hanno compromesso seriamente molte delle attività inerenti alla frutticoltura e alla gestione delle risorse genetiche vegetali, con un forte impatto negativo anche sulle risorse umane. Il Dott. Edgardo Giordani del Dipartimento di Scienze delle Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente dell’Università di Firenze, ci spiega le attività del progetto EC-EUROPEAID- Perennial Horticulture Development Project for Afghanistan (PHDP) fasi I e II, 2006-2014, nato per  sostenere, in appoggio al Ministero per l’Agricoltura Afghano, “un rinnovato e più scientifico sviluppo della frutticoltura  mediante l’impiego delle varietà locali ed il miglioramento del vivaismo, con attività di dimostrazione e di formazione per operatori del settore”.

“Tra il 2007 e il 2008 sono state censite in sei grandi aree dell’Afghanistan quasi 1000 specie di alberi da frutto, descritte con rigore scientifico mediante metodologie  standardizzate e impiegate, elemento di notevole importanza, nella costituzione di nuovi campi di piante madri testa dal punto di vista fitosanitario, indispensabili per la produzione di gemme di elevata qualità e ‘tracciate’, riconoscibili bio-geneticamente."

Nell’ambito di un recente convegno svoltosi all’Università di Torino,  il Dott. Edgardo Giordani, ha illustrato, per la prima volta, gli interessanti risultati operativi del Perennial Horticulture Development Project for Afghanistan, ottenuti in alcune aree agricole del paese mediorientale, e il resoconto di  questa eccezionale e imprescindibile collaborazione di ricerca scientifica che, nell’ambito del PHDP, la Facoltà di Scienze e Produzioni Agroalimentari dell’Università di Firenze sta intrattenendo con le Università di Kabul, Heart, Nangarhar Kunduz e Mazar, in cui sono presenti Facoltà di Agricoltura. “Curo personalmente i contatti con le Università, sfortunatamente, i Dipartimenti di queste città afghane, soffrono molto degli effetti dei conflitti bellici, l’organizzazione, i contenuti e la qualità dei corsi sono ancora lontani dagli standards internazionali. La causa di questa disparità è, sostanzialmente, un vuoto di supporto finanziario (sia per la ricostruzione fisica degli edifici, che per il pagamento dei salari), e una generalizzata mancanza di risorse umane e di competenze d’avanguardia. Come conseguenza, lo sviluppo della ricerca scientifica sul corretto utilizzo delle locali risorse biogenetiche è scarsa e necessita di consistenti aiuti. Le Università in Afghanistan, finora, non hanno considerato di svolgere un ruolo di ricerca scientifica, in più, una quasi inesistente regolamentazione sulle tecniche di tracciabilità biogenetica nei vivai, sulla catalogazione degli esemplari arborei, non permette di raggiungere procedure di  frutticoltura moderne e omogenee,” ci spiega il Dott. Edgardo Giordani.

Il Perennial Horticulture Development Project per L’Afghanistan, nato grazie agli Aiuti del  Programma di EuropeAid dal 2006,  si ripromette di intervenire come esperienza pilota di supporto nel settore della frutticoltura, nei vivai di alberi da frutto, grazie a un procedimento di elezione e raggruppamento delle migliori varietà di alberi e virgulti da frutto, catalogati e scelti come materiale campione per la riproduzione genetica.

Circa un migliaio di varietà di gemme da frutto (uva, mandorli, melograni, albicocchi), nella prima fase del Progetto, (2006-2010), sono state selezionate, propagate e piantate in collezioni di coltura nazionale sotto la supervisione dal Centro di Sviluppo del PHDP. Questi interventi di tracciabilità genetica delle gemme prive di virus, i nuovi metodi biotecnologici di produzione fruttifera  introdotti come parametro univoco, favoriscono lo sviluppo di un mercato sicuro e di alta qualità, sia nel settore pubblico e internazionale, che nelle ‘nursery’ dei vivai privati che hanno licenza di vendere ai frutticoltori.

Sono in corso iniziative che promuovano la certificazione della frutta secca ed essiccata per aprire i canali di esportazione verso i paesi europei, Italia compresa. “La seconda fase del PHDP sta cominciando, supportata dalla Commissione Europea per il periodo 2010-2015, un consorzio di attività svolte dal Dipartimento Agroalimentare dell’Università di Firenze, dal Dipartimento di Scienze dell’Agricoltura di Bologna, dal Centro Attività Vivaistiche, Landell Mills UK, con l’impegno collettivo di fornire assistenza tecnica e scientifica all’industria del materiale da orticoltura in Afghanistan. Il Perennial Horticulture Development Project for Afghanistan prevede anche la permanenza in loco di quattro staff di esperti internazionali e quattordici  staff locali, lo specifico obiettivo di questa scelta di consulenza e formazione sul campo è di plasmare ed esportare l’industria dell’orticoltura e di favorire una domanda internazionale orientata a specifici prodotti del luogo”, conclude il Dott.  Edgardo Giordani.

Nelle foto: 

Ingresso al Bagh,il frutteto-orto afghano

Le uvette di Herat

Amiri, una apprezzata varietà di albicocco ad elevato tenore zuccherino 

28 Ottobre 2013

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