Giulia Brugnolini 

Riparte la seconda edizione di Women2drive, la campagna di sensibilizzazione organizzata dalle donne dell’Arabia Saudita, unico paese al mondo dove queste non hanno il diritto di guidare l’automobile. Il 29 giugno, forti delle seicento firme già raccolte, le saudite si ri-metteranno al volante nel centro di Riyadh proprio come il 17 giugno dello scorso anno -la più grande manifestazione in difesa dei diritti delle saudite dal 1991-  per presentare una petizione al re Abdullah Bin Abdul Aziz in cui viene chiesto di poter sostenere l’esame per la patente nei paesi vicini e guidare in caso di necessità, oltre all’istituzione di scuole guida per sole donne. La dimostrazione avrebbe già dovuto aver luogo il 17 giugno, ad un anno preciso dalla prima edizione, ma la morte improvvisa del principe ereditario l’ha fatta slittare di due settimane. Mentre i media ufficiali riportano che la dimostrazione è stata annullata e che verrà solamente presentata la petizione, il blog delle saudite (http://www.saudiwomendriving.blogspot.it/) e la loro pagina di twitter ( #Women2Drive) fanno sapere che non hanno intenzione di arrendersi.
 
Dall’anno scorso anche in Italia si è diffusa, grazie ai social network, un’azione solidaristica coordinata dalla pagina Facebook “Io guido con Manal” ( http://www.facebook.com/pages/Io-Guido-con-Manal-I-Drive-with-Manal/257996884214134 ) creata da singole utenti ma che ha ricevuto un plauso anche da Amnesty International, che raccoglie foto di italiane al volante con in mano o affisso al finestrino il manifesto della campagna, mentre, in attesa della manifestazione di Riyadh, si stanno intensificando le adesioni.    
Manal Al Sharif e’ la ventiseienne dell’Arabia Saudita arrestata lo scorso anno durante il Women2drive e detenuta per diversi giorni perché assieme a centinaia di donne che come lei avevano conseguito la patente all’estero, si era messa al volante velata e aveva ripreso con le telecamere e pubblicato su youtube la sua provocazione, in attesa della reazione della polizia che è presto arrivata. Lei e le altre donne che avevano sfilato in auto sono state arrestate e imprigionate  – Manhal per nove giorni - finché, obbligate, non hanno firmato un documento simile ad un atto di pentimento.  
 
La religione islamica non proibisce alle donne di guidare e nella giurisprudenza saudita non vi è nessuna legge che contenga questo tipo di divieto. Ma una fatwa (norma di comportamento sulla base di un’interpretazione –talvolta del tutto arbitraria - della sharìa) del 1991 emessa dagli imam e poi ratificata dal ministero degli interni, prevede che alle donne non venga rilasciata la patente perché, recita la fatwa, «permettere a una donna di guidare significherebbe provocare un miscuglio di generi che metterebbe la donna in serio pericolo, e porterebbe al caos sociale». Le donne in Arabia Saudita sono per lo più laureate, hanno viaggiato ed hanno un lavoro che permette loro di avere un reddito. Nonostante ciò non possono studiare o lavorare senza l’autorizzazione di un tutore di sesso maschile, che sia il marito, il padre, un fratello o il figlio. La maggior parte delle saudite è proprietaria di un’automobile ma anche per i più piccoli spostamenti deve ricorrere ad un autista, un problema in più per le famiglie meno abbienti.

28 giugno 2012

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