Giulia Brugnolini 

FOLLONICA - Lontana miglia da Lampedusa ma con lo stesso odore di salmastro, dove le  mareggiate portano da sempre messaggi in bottiglia e le storie, i volti di altri mondi, Follonica, popolosa solo da giugno a settembre, ha accolto una decina di giovani somali ad animare coi turisti un’inedita estate. Ragazzi vissuti sempre come profughi fino all’ultimo viaggio tormentato, in cui si arrischia solo chi non ha niente da perdere, su un barcone dalla Libia fino alla prima isola del mare italiano. Poi a Follonica si è aperta per loro un’altra porta. Il Centro di Accoglienza “Colonia Marina” e con essa la possibilità di imparare l’italiano, grazie ai suoi volontari, li ha iniziati all’italiano e, condividendo l’asfalto bollente della zona industriale a fianco dei lavoratori della cooperativa il “Nodo”, hanno cominciato a impadronirsi di un mestiere. “Non abbiamo voluto regalare loro il pesce, abbiamo voluto insegnare loro a pescarlo” commenta, rispolverando il vecchio Mao Tze Dong, Manuela Federighi del Consorzio Società della Salute delle Colline Metallifere che, in collaborazione con il gruppo Eos ha promosso il progetto d’accoglienza e di formazione professionale dei profughi, nella consapevolezza che una piccola realtà come quella di Follonica potesse rispondere forse meglio dei grandi centri alle speranze e alle aspettative di giovani che non hanno mai avuto una cittadinanza ed hanno nel loro futuro solo incertezza.

Abituati a bagnanti in calzoncini votati al relax, i follonichesi sono stati costretti a misurarsi con la realta’ e i sentimenti suscitati da questi ospiti particolari che turisti non erano ma che con loro non spartivano solo il sole. C’e’ stato anche chi non ha mancato di avvertire la disparita’  tra le –pur minime- opportunita’ offerte a questi ragazzi rispetto alla fame di lavoro che attanaglia i giovani italiani.

A contatto con i lavoratori della cooperativa sociale il Nodo -che conta numerose persone svantaggiate- impegnati d’estate nella pulizia delle spiagge e nell’allestimento dei palchi della movida estiva,  i ragazzi somali hanno trovato quella solidarietà dettata dalla comunanza di condizioni di chi, almeno una volta nella vita, si e’ sentito diverso e al margine.  Una sigaretta, una colazione pagata, il loro grazie in italiano.

A settembre, mentre i bagnini chiudevano gli ombrelloni, anche per i due Mahmoud, Hiis, Obsige, Bachir, Indho, Youssef, Adam e Hamed finivano i tirocini formativi e il programma di accoglienza. Una stagione. Un altro zaino da fare, non per un altro mare ma verso la vicina Massa Marittima dove il Consorzio li ha accolti nella struttura gestita dalla Fondazione Sant’Anna. Un’ennesima partenza, ma anche un altro arrivo.

14 Novembre 2011

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