Emanuela Ulivi, Giulia Brugnolini 

O gente, vi abbiamo creato uomini e donne affinché vi conosciate a vicenda” recita il Corano; tra le sette piaghe d’Egitto, raccontate nella Bibbia, la più dolorosa è ritenuta essere il buio, inteso come egoismo, incapacità di vedere l’altro. Si può notare come i testi sacri delle tre religioni monoteiste abbiano radici comuni nell’importanza del dialogo. 

Dialogo cui né il processo di Barcellona né l’Unione per il Mediterraneo hanno saputo dare risultati concreti. E al quale sono stati dedicati i “Colloquia Mediterranea” promossi a Firenze dalla Fondazione Giovanni Paolo II presso l’Istituto degli Innocenti dal 15 al 17 maggio, cui, oltre alle autorità locali, sono intervenuti tra gli altri gli ambasciatori di Marocco, Iraq, Serbia, il vicepresidente del Senato Vannino Chiti, il sindaco di Sarajevo Alua Behmen, il direttore del “Centro per il dialogo” islamo-cristiano Mustafa Cenap Aydin, il rabbino capo della comunità ebraica di Roma Riccardo Di Segni, il francescano Ibrahim Faltas della Custodia di Terra Santa, i docenti Franco Cardini e Khaled Fouad Allam, il rettore dell’Università araba di Gerusalemme Sari Nusseibeh, gli eurodeputati Lapo Pistelli e David Sassoli, l’onorevole Rocco Buttiglione, la portavoce Nazioni Unite per i rifugiati Laura Boldrini. Il presidente dell’Unione delle Comunità Islamiche in Italia Izzedin Elzir che, come anche il rabbino di Firenze Joseph Levi, ha testimoniato la storia di un dialogo interreligioso nella città di La Pira.

Tre giorni nei quali sono stati analizzati i termini di una prospettiva realistica per riconoscersi in uno spazio euromediterraneo, il Mare Nostrum, a partire dalle città, capisaldi e crocevia di culture, religioni, scambi commerciali, da Belgrado a Recife a Baghdad.
Dialogo dettato da urgenze nuove  e da radici antiche. Alla fine degli anni ’50 la crisi algerina e il conflitto mediorientale si imposero nell’agenda politica mondiale e in particolare dei Paesi della sponda Nord del Mediterraneo. Il sindaco di Firenze Giorgio La Pira si fece allora interprete dell’istanza di pacificazione lanciando attraverso i “Colloqui Euromediterranei” un ponte spirituale tra l’Occidente cristiano, i Paesi arabi ed Israele sulla base delle radici comuni delle tre religioni abramitiche, per riscoprire anche quei valori condivisi sui quali erigere una nuova stagione di relazioni tra i popoli e tra gli stati. Le rivolte, o come viene definita “la primavera araba” dei nostri giorni, la domanda di libertà e di giustizia sociale talvolta pagata a caro prezzo, gli immigrati che ogni giorno raggiungono le nostre coste, interpellano di nuovo lo spirito e la coscienza dell’Europa, chiamata a dare risposte culturali e politiche che non possono prescindere dai valori etici e religiosi né da una storia comune. E a mettere da parte  le paure. 

Interpellano tanto le genti del Libro quanto la politica che deve architettare una nuova diplomazia, corrispondendo alle istanze che derivano dalla società che è anche spazio di un unico Dio, di tre religioni che si sono costituite attorno agli stessi concetti. Spazio di convivenza e altrettanto teatro della divisione dei cristiani, del dolore delle guerre. Dove si spende moltissimo per gli armamenti e nel quale la religione potrebbe rischiare di essere usata o che si faccia usare per scontri di civiltà che non servono a nessuno, essa deve invece riaffiorare in tutta la sua portata, senza commistioni tra religione e politica, è stato sottolineato, concorrendo a riconoscere l’altro in tutta la sua dignità di essere umano se si vuole instaurare seriamente un dialogo. 

A fronte della domanda di democrazia reale e non formale com’è stata finora in alcuni Paesi arabi –spesso paravento di regimi totalitari avallati dall’Europa in quanto ritenuti argini al fondamentalismo-, è stato riaffermato che l’Islam non è incompatibile con la democrazia. Piuttosto la richiesta di libertà e di giustizia sociale impone ai Paesi europei una rivisitazione dei propri atteggiamenti e una riflessione sulla propria identità peraltro tributaria dell’apporto culturale e religioso dei Paesi mediterranei.

Proprio l’europeismo avrebbe, ha evidenziato il direttore di Limes Lucio Caracciolo, contribuito ad un atteggiamento antimediterraneo cementificato da secoli, del quale Shengen è un esempio nel momento in cui abbattendo le frontiere interne all’Europa ne crea altrettante all’esterno. L’Italia, coi suoi 8.ooo chilometri di coste bagnate dal Mediterraneo, ha più di altri l’opportunità nel ricostruire un circuito mediterraneo, cominciando, ad esempio, a interloquire coi Paesi interessati a instaurare rapporti di libero scambio –visto che la Free Trade Area che avrebbe dovuto essere avviata nel dicembre 2010, non è stata realizzata- e affrontando in modo diverso la questione della cittadinanza, ora basata sullo jus sanguinis. Con uno sguardo all’economia interna che potrebbe spingere ad una realistica politica dell’immigrazione. 

Si è parlato di partenariato delle differenze, di nuovo umanesimo, di sinfonia di voci e sono state lanciate delle proposte come la creazione di un comitato permanente che approfondisca le modalità del dialogo tra le tre religioni. Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha anche annunciato la creazione di uno specifico ufficio per il Mediterraneo per sviluppare “efficaci dispositivi di cooperazione economica coinvolgendo il sistema Toscana nella sua interezza”.

Iniziative tutte quante cui hanno fatto da sfondo le esperienze dirette di alcuni dei settantasette borsisti originari di ventisei Paesi mediterranei e non, coi loro racconti di ascolto e scambio, col loro istinto di apertura. Fornendo un primo assaggio di quella che potrebbe essere l’odierna casa del Califfo di Baghdad, luogo di incontro di tutte le confessioni, di speculazioni filosofiche, di dialogo.

I molteplici propositi emersi dall'iniziativa non potranno tuttavia avere prospettive concrete senza la speranza ma soprattutto il coraggio necessari, proprio come ha sottolineato il presidente della fondazione Giovanni Paolo II a conclusione del convegno.

08 Giugno 2011

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