Emanuela Ulivi 

FIRENZE – I meccanismi dell’informazione tra nuove tecnologie, libertà e censura in un’area del mondo come il “Vicino Oriente”, eppure lontano dal nostro panorama mediatico- saranno al centro della quattordicesima edizione del festival internazionale di danza e cultura contemporanea “Costante cambiamento”, organizzato dall’associazione Omfrhida e diretto da Teresa Zurzolo, da domani fino al 26 settembre presso l’ex carcere delle Murate.

Attraverso i linguaggi dell’arte, le testimonianze, i reportage, si focalizzeranno i nuovi percorsi della comunicazione di massa, quelle “Libertà Mediate” (sottotitolo del festival) in Paesi di grande complessità politica e sociale come il Libano e la Siria -nei quali anche negli ultimi anni diversi giornalisti sono stati assassinati- nei loro contesti, tra grandi tradizioni editoriali, libertà di espressione, Internet e censura. Riflessione che si allargherà agli scenari futuri dell’informazione nei Paesi occidentali.

Prima suggestione artistica, la performance di danza in prima nazionale “Trace” di  e con Deborah Lary (il 17 e il 18), un lavoro incentrato sulle modificazioni che la tecnologia produce nella mente e nel corpo creando una nuova dialettica tra libertà e censura, mentre il 19 e il 20, sarà presentata la video installazione di dieci artisti siriani, “Behind Words - All Art Now”.

La parola passerà quindi ai giornalisti. Il 23, alle 17,30, il Forum internazionale sulla libertà di stampa, “Libertà mediate”, con il giornalista libanese Saad Kiwan, direttore della Fondazione Samir Kassir (il giornalista assassinato nel giugno 2005 a Beirut) e Stefano Marcelli, giornalista Rai e presidente di ISF - Information Safety and Freedom. Durante il Forum saranno in collegamento web tre importanti blogger libanesi, Hani Naim, Salim Al-lawzi e Assaad Thebian, per interloquire col pubblico e coi loro colleghi italiani. Alle 21 saranno proiettati alcuni reportage: La stampa nel mirino e Primavera appassita, di Stefano Marcelli e Faces applaudine alon di Ahmad Ghossein, girato tra le macerie di Beirut all’indomani dell’invasione israeliana del 1982.

Serate finali il 25 e il 26 con Omar Rajeh, coreografo e direttore del Maqamat Dance Theatre di Beirut, in una coproduzione del festival, Can you hear me?. Rajeh si esibirá in un assolo, in forma di work in progress sul corpo e i suoi condizionamenti, tra memoria, identitá, politica, libertá.

Il festival coinvolgerà anche gli studenti universitari con seminari e incontri. Dal 21 al 26 la vicina facoltà di Architettura ospiterà nella Galleria SESV la mostra Earthen Domes and Habitats Villages of Northern Syria– An architectural tradition shared by East and West, insieme al reportage fotografico di Luca Lupi nei villaggi della Siria.

16 Settembre 2010

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