Perché un movimento fondamentalista come Hamas, è riuscito a guadagnare consensi in una società ritenuta laica come quella palestinese, tanto da vincere le elezioni nel 2006? E’ sufficiente richiamare la sua dimensione religiosa per identificarlo? All’indomani dell’offensiva israeliana “Piombo fuso” nella Striscia di Gaza, arriva in libreria “Hamas” di Paola Caridi, giornalista e storica, che a vent’anni dalla nascita di questa formazione islamica ne ha indagato la struttura e la collocazione sia nel conflitto con Israele che all’interno dell’Autorità Nazionale Palestinese.

Tre anni di lavoro, di studio e interviste, sfociato in questo secondo libro, dopo “Arabi invisibili”, per gettare un fascio di luce su questa organizzazione che gli Stati Uniti e l’Europa hanno inscritto nella lista delle organizzazioni terroristiche, ma che rimaneva per lo più sconosciuta. Come ha spiegato l’autrice durante l’incontro al “Forum per i problemi della pace e della guerra” a Firenze, Hamas è strutturata in quattro componenti territoriali che partecipano ai processi decisionali: Gaza, Cisgiordania, l’estero e le prigioni.  “In Cisgiordania e a Gaza – ha spiegato la Caridi- si tratta di singole cellule che operano all’interno dei villaggi; all’estero non è coinvolta solamente la Siria, dove ha la sede la Shura - il consiglio - di Hamas, ma tutti i Paesi nei quali si trovano i militanti di Hamas. La quarta componente, le prigioni, è fondamentale almeno per due motivi. Prima di tutto per l’elevata presenza di militanti e di una parte della leadership del gruppo, che hanno modo di entrare facilmente in contatto tra di loro. E poi per il fatto che i militanti vengono spostati frequentemente creando paradossalmente un effetto boomerang: Israele infatti, separando le componenti del movimento, non solo non ottiene il risultato sperato ma avvantaggia la diffusione delle idee, creando così un ulteriore punto a favore di Hamas attraverso questo strano contesto territoriale che è la prigione”.

La discussione e il consenso sono una costante del gruppo – ha sottolineato la Caridi- tutti partecipano al processo decisionale, tutti sono informati, tutti vengono ascoltati e la decisione finale, presa a maggioranza, viene da tutti applicata: una volta stabilita, la linea da seguire difficilmente è oggetto di smentite”.
 
Hamas è pragmatico, razionale e ideologico allo stesso tempo, il suo scopo è quello di servire il popolo e il coinvolgimento di tutte le componenti genera spesso dibattiti che possono durare anche anni. Ne è l’esempio la partecipazione alle elezioni del 2006, oggetto prima di una discussione durata quasi tre anni, elezioni che Hamas ha vinto contro ogni previsione. Parlando proprio di quella candidatura l’autrice ha precisato che l’intento del gruppo fondamentalista non era arrivare alla guida dell’ANP, il gruppo mirava piuttosto ad un ingresso graduale in modo da incidere sulle riforme attraverso il braccio legislativo. Successo che si spiega con la disperazione dei palestinesi ma anche con le divisioni politiche, che aggiungono incertezza ad incertezza.

1 aprile 2009

Vai all'inizio della pagina