Irrinunciabile il tartufo del deserto, il diamante della cucina dalle infinite proprietà, che cresce sotto la sabbia come un piccolo miracolo. Dal 2006 a Kuwait City c’è un mercato apposta, in periferia, nella zona industriale, dove i profumi attraggono gli intenditori e si stabiliscono i prezzi. Un brulicare di bancarelle, oltre un centinaio, animano questo mercato aperto normalmente dalla fine di dicembre a metà maggio, ambitissimo dai commercianti. Ed è qui che si consuma il rito dell’acquisto del prezioso tubero che cresce con la pioggia e si trova in tutto il territorio.

Quest’anno però il cielo è stato avaro e i tartufi freschi sui banchi del mercato temporaneo di Shuwaikh vengono soprattutto dalla Tunisia, dalla Libia e dall’Algeria, ma di solito vengono importati anche dall’Iran, dall’Arabia Saudita, dal Marocco, e dall’Egitto, a seconda delle precipitazioni piovose. Ovviamente con prezzi diversi. Il tartufo iraniano è il più caro ma anche il più richiesto, a circa 67 dollari al chilo, su una gamma di prezzi che variano dai 23 a 67 dollari. Le varietà di tartufo sono una trentina, con diverse sfumature di colore. Sul mercato si distinguono tre tipi di tartufo e quello bianco, chiamato zbeidi, è più caro di quello nero il khlasi. A incidere sul prezzo è anche la dimensione: un tartufo bianco piuttosto grosso costa 50 dollari, se di media grandezza, 40 dollari e se piccolo 33. Le altre specie di tartufo con colorazioni intermedie sono chiamate shahba ed hanno prezzi diversi, anche se non vanno per la maggiore. Pare se ne importino dalle 3 alle 4 tonnellate al giorno. Freschi naturalmente e immediatamente venduti. Irrinunciabili anche per il portafoglio.

Allo scrigno di profumi il tartufo somma delle proprietà medicinali decantate anche in vari articoli scientifici apparsi sulla stampa mediorientale, che confermerebbero le convinzioni popolari della tradizione. Il tartufo, ricco di proteine, acidi grassi, carboidrati, minerali e sostanze antiossidanti, come alimento sarebbe utile alla prevenzione e cura per gli occhi e la pelle: il suo succo serve per le infezioni oftalmiche causate dalle tempeste di sabbia; la buccia essiccata ottima per guarire le ustioni, le labbra screpolate, le unghie fragili. Sempre secondo quanto riportano, i nomadi Sahrawi del Sahara occidentale lo usavano come alimento contro il freddo, i problemi respiratori e persino l’artrite. Insomma un toccasana.

Con l’invasione irachena del Kuwait nel 1990 la produzione del tartufo è crollata e i campi minati lasciati dalle truppe di Saddam dopo il ritiro, che ha distrutto questa e molti altri tipi di vegetazione del deserto, hanno frenato la ricerca e la raccolta libera. Questo, come la siccità, non ha scoraggiato né convertito il palato dei kuwaitiani: non si può cucinare un piatto come il Kabsa, popolare nel Golfo e in particolare in Kuwait, senza il brodo profumato al tartufo. Anche la zuppa di tartufo nel latte di cammello è un cibo stagionale di lusso nella regione. Per questo, ogni anno le autorità per l’ambiente invitano all’accortezza nella raccolta del tartufo, a salvaguardia dell’equilibrio ambientate per recuperare il quale servono molti anni, come i kuwaitiani hanno dovuto imparare.

Una volta finita la stagione, i tartufi seccano e le spore si disperdono nell’aria per ricominciare il loro ciclo vitale, una sfida impossibile in un ambiente come il deserto. E un miracolo da preservare.

9 aprile 2018

e. u.

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