All’alba del 2 agosto del 1990, Saddam Hussein ordinava alle sue truppe di invadere il Kuwait per farne la diciannovesima provincia dell’Iraq, dichiarando poche ore dopo la sua annessione. Rimasto inascoltato l’ultimato dell’Onu, agli inizi del 1991 iniziava l’operazione Desert Storm, più nota come la Prima Guerra del Golfo. 34 Paesi guidati dagli Stati Uniti con operazioni di terra e bombardamenti aerei, per la prima volta ripresi in diretta dai media, liberarono in poco tempo l’emirato. 

Oltre ai morti e ai deportati, al momento del ritiro le truppe irachene lasciarono un Paese distrutto e danneggiato da sette mesi di occupazione. Sul loro cammino incendiarono tra i 605 e i 732 pozzi petroliferi, producendo un disastro ambientale –oltre che economico - senza precedenti. Dei circa 600 deportati, sono stati ritrovate o identificate solo 246 persone: una ferita che rimane. 

Il Kuwait non dimentica ma guarda avanti. L’anniversario è stato ricordato dalle istituzioni, ma per un Paese in cui il 60% della popolazione è nata dopo quella guerra, l’invasione è solo una pagina della storia. Il Kuwait di oggi, che ha anche una statura mondiale per gli aiuti e la cooperazione, è un attore fondamentale della politica della regione, specie in questo momento, tanto da essere stato bersaglio del terrorismo dello Stato Islamico nell’attentato che a giugno ha colpito una moschea sciita. Soprattutto il Kuwait ha un futuro davanti, che ha già riempito di promesse.

2 agosto 2015

e.u.

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