Giulia Brugnolini 

Le sculture di Sami Mohammad e le fotografie di Tarek Al-Ghoussein saranno in mostra alla cinquantacinquesima esposizione internazionale d'arte contemporanea della Biennale di Venezia con la mostra “National Works”, che rappresenta la prima partecipazione ufficiale del Kuwait con un padiglione dedicato. L’emirato del Golfo sarà infatti uno dei dieci paesi new entries, assieme al vicino Bahrain, a Palazzo Michiel del Brusà dal 1 giugno al 24 novembre prossimi. 

Scompaginare i classici simboli di grandezza e sfarzo per dare spazio al nuovo è l’obiettivo con il quale Ala Younis, architetto nata a Kuwait City e naturalizzata giordana, ha curato e coordinato la realizzazione del padiglione kuwaitiano, finanziato dal Consiglio Nazionale per la Cultura, l’Arte e la Letteratura del Kuwait. A dispetto del titolo, l’esposizione “National Works” non è una celebrazione dell'emirato del Kuwait ma si espande anche al resto del mondo arabo, ora più che mai toccato da divisioni interne e contraddizioni.

Lo testimoniano gli scatti di Tarek Al-Ghoussein, fotografo nato a Kuwait City ed emigrato in Palestina, che descrive lo stato d’animo di un popolo senza bandiera, il popolo palestinese, senza però dimenticare il suo Paese natale. Le foto di Al-Ghoussein ritraggono l’autore stesso, in solitudine, mentre compie gesti come prendere un aereo o una nave, per affermare la propria identità di palestinese e nel contempo ironizzare sullo stereotipo dell’arabo-terrorista. 

Anche le sculture in bronzo di Mohammad, artista nato nell’est del Kuwait e fondatore dell’Associazione per l’Arte creativa, raccontano attraverso una serie di volti imbavagliati, di figure anonime che tentano invano di aprire una porta, e interpretano le sofferenze che pervadono il mondo arabo i cui popoli debbono pagare un prezzo non irrilevante per affermare il loro diritto alla libertà.

L’edizione 2013 della Biennale d’arte non è però la prima occasione in cui il Kuwait è sbarcato a Venezia. Nell’agosto dell’anno scorso, in occasione della Biennale di Architettura, il Kuwait aveva proposto all’interno del percorso espositivo dell’Arsenale, la riproduzione e rivisitazione della diwanya, il luogo d’incontro e di scambio sociale tipico dell’emirato. Si trattava di un ampio spazio di circa venti metri quadrati che ne ricreava in tutto e per tutto l’atmosfera, con le voci dei giocatori di carte, tipiche di una diwaniya informale, e i toni più decisi del dibattito politico, mentre ai lati del pavimento erano collocati alcuni materassi di lana che invitavano il visitatore a sedersi e lasciar correre la sua immaginazione. Un’esperienza indimenticabile che alla Biennale di quest’anno il Kuwait vuole riproporre.

06 maggio 2013

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